lunedì 14 marzo 2016

Deep Emotion - Federico Preziosi






Buongiorno, bella giornata, vero? Ma prego! si accomodi, non resti lì impalato. Mi rincresce doverla lasciare in piedi e mi scuserà non potrò metterla a proprio agio privandomi del privilegio di offrirle almeno un caffè. Sfortunatamente non ci sono sedie qui e l’aria è pensatina, un po’ umidiccia. Oh, che razza di sciocco devo sembrarle! Le rammento cose che Lei conosce sicuramente meglio di me. La condizione in cui fluttuiamo noi detenuti è precisamente l’estrema connotazione di certi luoghi, oggetto tra l’altro di contestazioni civili e strumentalizzazioni politiche attraverso tutt’altro che forbite disquisizioni. Ad ogni modo, senza alcuna pretesa di giustificarmi, è un tale contesto che mi impedisce di accoglierla con i dovuti riguardi, accortezze che meriterebbe qualunque essere umano. Sì, lo so, Lei lavora qui da anni e presumo che una tale, lugubre atmosfera ormai faccia parte del proprio corredo quotidiano. Non mi sto sbagliando, vero? Ma la prego, non indugi, si avvicini e, mi dica, a cosa devo l’onore della sua visita? Non sarà mica passato di qui con il pretesto di trascinarmi in uno di quei noiosissimi interrogatori? Quell’orribile ispettore, poi, privo del minimo senso dell’umorismo. Mi rendo perfettamente conto della gravità delle mie azioni, le stesse che con saccente disprezzo vengono bollate come crimini brutali. Eppure trovo alquanto inopportuno e indelicato disseminare cotanto catastrofismo. Sa, a quell’uomo scappa la mosca al naso per un nonnulla se dalla mia bocca non vengono pronunciate le parole che vorrebbe sentirsi dire. Fossi almeno la sua amante, potrei capirlo, l’accondiscendenza sa essere un’arma erotica micidiale! Ma cosa vuole che faccia se non sono uomo da copioni? Se ne avesse solo la possibilità, ci metterei la mano sul fuoco, l’ispettore entrerebbe nella mia testa per farmi sillabare certe parole da fargli rizzare i peli pubici. Poveretto, mi fa tanta pena. Naturalmente non sono da buttare, ho una certa esperienza, ma non sono di certo una Brigitte Bardot di primo pelo! A meno che l’ispettore non si infatui di uomini maturi! Chissà, forse è dotato di gusti alquanto sofisticati. Non me ne voglia però, non mi pronuncio con disprezzo, è solo che mal digerisco la cattiva educazione. Del resto ho dedicato tutta una vita alla ricerca del gusto, allo spiegamento delle papille gustative, alle delizie del palato. Si figuri! Naturalmente non pretendo che tutti gli uomini su questa terra siano come me, anzi se ne guardino bene! Eppure certe cose come la smania di potere davvero non le capisco: da ciò che non riesco a compenetrare mi tengo alla larga. Perché? Semplice. Conosco benissimo l’animo umano, ho imparato ad interpretarlo egregiamente negli anni in cui esercitavo con zelo la mia professione. Ho speso una vita intere ad affinare la mia abilità nell'accostare i sapori con i gusti personali dei miei clienti. Non ci crede? Dovrebbe, invece. Perché io mi ricordo di Lei, sa? Io non dimentico mai una faccia. Quando ci siamo incontrati? Lei è cliente abituale della mia pasticceria! Come? Scusi, mi perdoni, ma Lei non legge i giornali? Esattamente quella accanto alle Poste, nei pressi della piazza del paese. Quella pasticceria è di mia proprietà ed anche quando ho cominciato a lavorare per servizi catering di un certo livello, ho sempre curato il luogo da dove sono partito e costruito la mia fortuna. Non avevo sempre un contatto diretto con i clienti, ma al laboratorio, sì proprio quello dietro al bancone espositivo, sopraggiungevano le ordinazioni. Davvero non lo sapeva? Lei è uno dei miei migliori clienti, Signore, uno di quelli che non salta mai una domenica! Ha comprato di tutto, dalle pastarelle alle torte, dal gelato ai bignè, dai dolcetti di pasta di mandorle alle chiacchiere di carnevale. Per non parlare poi della sua passione per il cioccolato!


Da pochi anni, dopo aver seguito vari corsi di aggiornamento, avevo raggiunto un livello molto alto per un paesino di pochi migliaia di abitanti. La mia abilità in pochi anni è cresciuta a tal punto che il mio piccolo laboratorio è diventato un polo di attrazione. A comprare il cioccolato venivano anche facoltosi signori dalla città, specialmente la domenica mattina. Percorrevano chilometri e chilometri solo per portare a casa guantiere gremite di cioccolatini ripieni. Ne avevo prodotti alcuni con la crema di mirtilli, mandarino e lavanda. Le mie delizie dal gusto esotico andavano così a ruba che presto comprai l’ufficio delle Poste per istallarvi un laboratorio moderno più grande dedicato internamente al cioccolato. Vedessi quegli impiegati, che facce l’ultimo giorno di lavoro accanto alla mia pasticceria! Volevano che uscissi dal laboratorio per potermi abbracciare e ringraziare di tutti quei momenti saccarosi che avevano trascorso durante le loro pause caffè. La prassi quotidiana era questa: il caffè da Mino, il bar in fondo alla stradina (e quanti soldi ha guadagnato il caro Mino grazie al sottoscritto!), il dolcetto da me! Alcuni impiegati chiesero di poter essere assunti pur di non rinunciare a quella dolce abitudine. Umanamente li avrei accolti uno per uno, mi creda. Purtroppo questo mondo esige spietatezza certe volte, gli affari sono affari, e a malincuore mi ritrovai costretto a declinare la loro richiesta. Senza esperienza non avrei potuto accettare quelle persone, sebbene fossi sicuro delle loro ottime intenzioni e lusingato da tanto affetto e cordialità. Mi sentii in dovere comunque di ringraziarli, a modo mio. Li invitai a presentarsi la settimana successiva affinché potessi personalmente omaggiarli di tanta gratitudine con la mia vulcanica creatività. E quelli non se lo fecero ripetere due volte! Donai ad ognuno di loro, ben 15 dipendenti delle Poste, una tavoletta a forma di Poste Pay, ripiena di cioccolato al latte e con tanto di nome personale inciso su ogni pezzo. Vede, io so come farmi voler bene dalle persone. Sarà per questo che quell’ispettore mi rende triste, lui non comprende la dedizione e l’affetto che impiego nelle cose che faccio. In tutte quelle che porto avanti. Non sono mosso dalla brama per il successo, glielo garantisco. Altrimenti mi spieghi per quale ragione al mondo adesso mi ritrovo in questa cella umida a discorrere con Lei sul mio passato con la pretesa di convincerla circa la mia capacità di conoscere i suoi gusti?

Mi perdoni, mi sono lasciato prendere dalla storia omettendo il punto a cui volevo arrivare. Non vi badi, sa, a volte divago un po’. Difetto nell’avere un ego spropositato, lo ammetto. Tuttavia, Le ripeto, non mi ritengo ammalato di successo. Nella mia famiglia un mio lontano cugino aveva tentato la via della musica e dopo 5 anni di lezioni di chitarra, ha mollato tutto, finanche la fidanzata, per andarsene a Londra. Lì aveva trovato la via del celebrità mettendo su una band con la quale aveva ottenuto un contratto milionario. Un paio di dischi e le pale mobili dello showbiz lo stritolarono. Non riusciva a reggere i ritmi di lavoro dovuti a un successo sempre crescente. Non aveva tempo per coltivare un amore e degli affetti. Considerando la sua natura romantica, quella notorietà che con tanta foga aveva inseguito gli apparì come una gabbia. Fu così che un giorno trovarono il suo corpo freddo e privo di vita penzolante in casa sua. Ah, lo conosce! Lo credo bene, lui sì che era un grande artista! Ad ogni modo, umanamente segnato da quella tragedia, decisi di non perseguire il successo e di non lasciarmi imbrigliare dal business. Alla fine, possiamo dire che un certo riscontro l’ho avuto ugualmente, sebbene frutto dell’amore profuso nel mio lavoro e per le persone che mi circondavano. Non potevo dire di no all’amore!

Cosa? Dice che sto ancora divagando? Mi rincresce doverla contraddire, ma questa volta è Lei che sta emettendo giudizi affrettati. Le stavo parlando d’amore e presumo che Lei pensi che una persona come me d’amore non possa saperne nulla. Il mio cuore deve apparirle gelido e spietato e non la biasimo, anch’io lo penserei: posso solo immaginare quali nefandezze abbiano diffuso i media in questi giorni sul mio conto. Eppure dovrebbero essermi grati. Anche loro hanno fatto buoni affari con me! Come faccio a sapere che Lei pensa questo? Gliel’ho già detto, conosco i suoi gusti, Signore. L’ho servita migliaia di volte, Le pare che io non abbia capito nulla della sua personalità? No, La prego, non mi porti dall’ispettore e mi lasci parlare ancora un po’ qui con Lei! Sa, mi sento tanto solo. Che differenza fa? Lei, malgrado il suo scetticismo congenito, nutre rispetto nei riguardi della mia persona più di chiunque altro in questo posto. Le pare poco?

Dunque, dov’eravamo rimasti? Ah sì, le stavo parlando d’amore. Tutta la mia attività è stata permeata dall’amore e da quello che di bello porta nell’animo umano. Come del resto la gente mi amava perché nei miei dolciumi ci mettevo l’anima e tutti i migliori sentimenti di cui ero capace. Anche in famiglia il mio amore è sempre stato vivo, la fiamma della sua forza ardeva sempre con vigore e illuminava le giornate di mia madre, fino al giorno in cui il Signore l’ha chiamata a sé, e di mio padre che, purtroppo, ora ha il cuore straziato. Sì, un giorno gli chiederò perdono per aver reso la sua vecchiaia un inferno. Lui capirà e tornerà dal Creatore con animo sereno e sollevato, orgoglioso di suo figlio che l’ha sempre reso fiero. Comprenderà che tutto questo è permeato dal più elevato senso d’amore, ciò che di più bello e grande ha avuto da insegnarmi. Del resto lui è testimone del mio amore per la mia dolce Nora. Sì, proprio la stessa che da giorni non riuscite più a trovare e per la quale avete accusato me. Non mi guardi con quella faccia, ho già ammesso le mie colpe: il caso dovrebbe essere chiuso. Invece no, non vi basta avere in mano l’assassino, il mostro, il carnefice. No. Volete il corpo della sua vittima! E cosa ne farete se ve lo consegnerò? Lo farete sbattere in prima pagina? Lo renderete ai medici per farne un’autopsia così che possano mettere le loro luride mani sulla mia amata Nora? Signore, Lei è un caro cliente, ed io le sono sinceramente affezionato. Sul serio. Tuttavia né il diritto e neppure l’attenzione mediatica mi spingeranno a rendervi il corpo di Nora. Mi perdonerà se non vengo meno al patto d’amore che strinsi con la mia amata ben 7 anni fa. So bene che comprendere un uomo è quanto di più complicato possa esserci in questo mondo, ma sono anche consapevole che Lei farà qualche sforzo per raggiungere un grado di comprensione nei miei riguardi più che soddisfacente.

Nora. Ricordo quel giorno in cui entrò per la prima volta nella mia pasticceria. L’avevo aperta da poche settimane e con i soldi guadagnati duramente all’estero in uno squallido ristorantino di Manchester avevo chiesto un prestito alla banca per poter mettere in piedi la mia attività. Nora entrò con fare deciso, chiedeva un lavoro per mantenersi, venutasi a trovare in gravi condizioni economiche. Era la prima volta che posai i miei occhi su di lei e sentii il mio cuore morire per poi rinascere. Era come se non toccassi più il suolo: addio forza gravitazionale! In quell’istante varcavo il Paradiso e come per incanto il mondo si estinse alla velocità di uno schiocco di dita.
I suoi capelli, corti, color vermiglio, esaltavano gli occhi neri da cerbiatta; quelle labbra rosse incandescenti come carbone ardente avrebbero marchiato a fuoco la mia anima per sempre. Fu un brivido intenso a squarciarmi il torace e un’improvvisa smania di sensualità mi catturò; divenni famelico della sua superba bellezza, una sensazione che mai avevo conosciuto nella mia vita e alla quale un uomo affetto da cardiopatia non sarebbe sopravvissuto. La sua camicetta a margheritine leggermente sbottonata conteneva a malapena le sue abbondanze che, libere dall’impaccio del reggipetto, lasciavano intravedere le ritte e prepotenti rifiniture, isole scure come terra inumidita dalle quali germogliava la mia ossessione. Desideravo essere suo, godere di quelle estensioni di carne marmoree e lasciare che la mia gioia zampillasse da quelle due mastodontiche cassatine.
«Signorina, la aspetto domattina alle sette» mi sfuggì di bocca. E lei, colma dalla contentezza, venne ad abbracciarmi premendo le sue morbidezze contro di me. Se avessi potuto esprimere un solo desiderio in quell’istante, avrei chiesto al Signore di lasciarmi morire. Nessuno avrebbe potuto mai godere di una fine tanto gloriosa. Doveva essere questa la bella morte tanto decantata da certi poeti: perdere i sensi schiacciato dalla sensualità, trafitto dall’odore di donna, quale gioia sconfinata prima di lasciare il mondo terreno!
Non avevo un soldo, ma non potevo farci nulla: lei aveva scelto me e non osavo oppormi alla sua richiesta. Strinsi la cinghia e le cose girarono lo stesso: Nora era bravissima, rendeva grazioso qualunque cosa toccasse, aveva un grande senso estetico e sperimentava le forme più strane per le nostre creazioni. Non passò molto tempo che le confessai il mio amore. Si concesse al bacio più lungo che avessi mai avuto e subito, presi da un reciproco impeto di passione, facemmo l’amore. Era il giorno di San Valentino. Utilizzammo tutta la panna che avevamo a disposizione in certi giochetti erotici che non posso raccontare, ma le assicuro che nessuna come Nora riuscì a farmi apprezzare la vita sessuale di coppia. Rimasi sempre particolarmente affezionato al giorno di San Valentino e da allora inventai le cose più incredibili per stupire i miei clienti dando loro la misura dell’amore, quel sentimento che tanto mi ispirava. Grazie al supporto di Nora, inventai i miei pezzi forti, gli stessi che lanciarono la mia attività portandola a livelli insperati! Inoltre al bancone andava meravigliosamente, era assolutamente tagliata per le vendite. Aveva imparato dal padre, abile commerciante di profumi nella cui bottega aveva lavorato come commessa per diversi anni. Nora sapeva come far sentire speciale un cliente. Vendeva una torta come un fango dimagrante: prometteva miracoli, miracoli per l’anima, il benessere e l’umore.
Sì, certo che le sue grazie l’aiutavano, non sono mica tanto ingenuo, sa? Cosa c’entra con i suoi gusti questo? Suvvia, non dica che Nora non l’ha mai vista?! No no, Lei non mi può dire che Nora era una prelibatezza tale che difficilmente non avrebbe conciliato anche i gusti dei clienti più esigenti! Vede, una cosa bisogna gustarla con calma prima di emettere un giudizio; del resto quante pietanze che alla vista sembrano essere invitanti ci lasciano l’amaro in bocca a contatto con il palato? Scusi, non vorrei divagare ancora. Se porterà un po’ di pazienza le svelerò un segreto! Le confesserò dov’è Nora. Lo vuole davvero sapere? Bene, però non mi interrompa e ascolti fino alla fine.

Pochi giorni fa, come Lei saprà, e lo sa perché è passato da me per fare il consueto carico di cioccolatini, si è celebrato San Valentino. Per un giorno tanto speciale per noi innamorati, Nora esigeva una dimostrazione del mio amore e di condividerlo in modo sorprendente con tanta gente. «Cara, ma di quali prove hai bisogno dopo 7 anni, cosa ho ancora da doverti dimostrare più di quello che faccio quotidianamente?». Schioccate quelle parole, Nora mi ha annientato con un broncio tale da costringermi con le spalle al muro. Il solo pensiero di deluderla mi faceva star male! Dovevo far felice la mia donna, doveva sapere che non solo faceva l’amore con un artigiano del gusto, ma che il suo uomo era ancora in grado di sorprenderla. Ho pensato intensamente all’impresa che avrei dovuto compiere e solo dopo alcuni giorni in cui, per la prima volta nella mia vita, temevo di non essere in grado di soddisfare i desideri di Nora, il mio genio mi è venuto in soccorso. Così tutto contento per l’illuminazione, correndo dalla mia amata le ho detto di trascorrere la notte con me in laboratorio per i preparativi dei dolcetti di San Valentino. Ultimate le leccornie per la festa, l’avrei fatta morire di gioia. Lei ha accettato, ma con uno dei suoi sorrisi di sfida, rammentandomi che non avrebbe accettato alcun giochetto con la solita panna. «Tranquilla, tesoro adorato, ti ho mai delusa una volta?».

Cadde la notte, nera come il cioccolato fondente e la mia dea, come stabilito, si è presentata in laboratorio. Le ho offerto alcuni bon bon: «Provali, amore, questi contengono uno sciroppo di mirtilli che ho prodotto proprio ieri, per la prima volta. Lo trovo delizioso, dal sapore vellutato come le tue labbra». Stretto tra indice e pollice, Nora ne ha preso uno portandolo delicatamente alla bocca, lentamente, con la stessa sensualità che mi aveva stregato il primo giorno che la vidi. «Erano proprio le tue labbra voluttuose che bramavo osservare mentre riempivo i miei bon bon» e a quelle parole il suo sorriso è divampato come una sferzata di colore che taglia la tela. È rimasta con quel bagliore sul viso a lungo come vittima di una lunga ipnosi. Ha preso altri bon bon e parlando con la bocca piena e masticando lentamente si è congratulata per le mie nuove creazioni: ero un genio, avevo superato me stesso, quelle bontà avrebbero mandato in visibilio chiunque, e tutti su questa Terra sarebbero stati disposti ad uccidere pur di mangiarne fino allo sfinimento. In quell’istante Nora aveva il volto trasfigurato da un sorriso con la bocca così zeppa di bon bon che del succo di mirtillo frammisto al cioccolato masticato cominciò a colarle dalla labbra, ormai violacee. In uno stato compulsivo ha afferrato altri bon bon che deglutiva sempre più lentamente, eppure con una rinnovata e irrefrenabile estasi. Le sue mani irrigidite, pallide e imbrattate d’ambrosia che si portava alla bocca, non accennavano a fermarsi. I suoi occhi stillavano lacrime di pura gioia, che percorrendo le gote diluivano l’impasto spalmato sulle labbra ormai enfie, umide e sbavate. Le gengive hanno cominciato a secernere schiuma e un nuovo liquido che selvaggiamente fuoriusciva dalla sua bocca si è stemperato sulla tavolozza del suo sorriso in un vortice di piacere estremo. Così le ho preso le mani sottraendole l’ultimo bon bon che, paralizzata dal piacere, non riusciva a portare al palato. «Piano, vita mia, piano. Aspetta, ti aiuto io. Ecco…» e l’ultimo pezzo si è lentamente spiaccicato sui denti oramai serrati. Mi fissava come un’ossessa colma di soddisfazione: il suo volto si è contratto,  tremante di sussulti sempre più violenti. L’ho abbracciata aspettando che la morte la portasse via con sé. Spirata, ho trattenuto per un po’ il suo corpo svuotato dai sensi, ma ancora palpitante di aneliti di vita che si disperdevano nell’aria. Soltanto quando si è fatto muto l’ho sollevato e disteso sul tavolo da lavoro. «Tesoro», pensavo mentre l’osservavo per l’ultima volta. Un amore così grande non poteva restare solo nelle mie mani. Il Signore mi aveva mandato Nora affinché la condividessi con le persone che amo, e per non c’è nulla di più importante dei miei affezionatissimi clienti. Tutti dovevano assaporare, permettere ai propri sensi di sciogliersi in un caleidoscopio di bontà, tutti dovevano portarla nelle proprie case dalle proprie mogli, dai propri mariti, dai propri innamorati e goderne per San Valentino, una celebrazione che io e Nora abbiamo sempre onorato con passione, entusiasmo e tanta sensualità che dello stare insieme rappresenta il lato giocoso.
Così ho aperto il corpo di Nora ed estratte le viscere le ho maciullate e mescolate in un concentrato di succo di ciliegia corretto con whisky. Ho riempito altri bon bon di un siero prodotto per una golosità a tiratura limitata che ho chiamato Deep emotion. Un successo senza pari: quelle prelibatezze sono andate a ruba in poche ore con i clienti che ancora mi chiamavano in tarda serata per una scatolina da offrire al proprio partner.
Adesso conosce il mio segreto, può andare dall’ispettore e riferire tutto. Il corpo di Nora, così come vi avevo detto, non lo potrete avere. Oramai è irrecuperabile. Così come ha dato tanta gioia a me per ben sette anni, tanti innamorati hanno potuto godere delle sue grazie deliziandosi il palato. Mi creda, non conosco un gesto d’amore più grande di questo. Deep emotion rappresenta un capolavoro assoluto di alta pasticceria, ho davvero dato la mia vita per farlo. E il resto del corpo? Non sia precipitoso. Piuttosto, mi dica, com’erano quei cioccolatini alla cannella a forma di cuore che ha acquistato per Sua moglie?

FEDERICO PREZIOSI



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